É normale scegliere quali progetti realizzare in base alle proprie preferenze, ogni 3D artist è affine a diversi contesti.
Riempiamo ogni fase della pipeline con altre passioni, esperienze personali e necessità comunicative. Una parte di noi continua ad esplorare quei mondi, ricercando altri artisti a cui ispirarsi per migliorare e realizzare ciò che davvero avevano in mente. Tuttavia, questo processo delimita fin da subito una zona sicura.
In questo mondo social ci viene detto continuamente come dovremmo fare le cose per essere migliori. Per questo è complicato decidere di fare qualcosa che sia fuori dalla comfort zone.
Come se non bastasse, internet dimentica velocemente quelle immagini per cui abbiamo speso mesi di lavoro. Così, nella speranza che il nostro lavoro venga riconosciuto, cerchiamo uno spazio in cui sentiamo di poter dare il massimo. Infatti, è molto comune aver paura e aspettare di venire riconosciuti come artisti prima di sporcarsi le mani.
Non voglio fare questo modello, non mi piace.
Ricordo quando ci ho pensato per la prima volta. Da allora sono tornate le stesse parole, un’infinità di volte, bloccandomi in un percorso predefinito, senza neanche saperlo.
Non è un invito a mettere da parte le preferenze personali, anzi. Conosco un sacco di artisti che fanno lavori molto vicini al mio gusto, ma che sono davvero lontani dal mio spazio sicuro. Per questo ho deciso di abbandonare la zona sicura e raggiungere i miei obiettivi.
Progetto dopo progetto uno strano fastidio si è a poco a poco fatto enorme. Ho costruito tante skill associando ognuna a idee diverse. Stabilendo alla fine un workflow discontinuo in cui la modellazione aveva una tendenza, il look un’altra, le luci un’altra ancora, eccetera…
Ero finito dritto dritto nella trappola della comfort zone.
E quanto ci ho messo a capirlo!
Ho quasi abbandonato il 3D, tornando ai lavori che facevo prima di incontrare questo meraviglioso mondo. In sostanza, ho messo tutto in dubbio.
Poi ho capito che per farcela avrei dovuto mettermi in gioco sul serio, avrei dovuto sottopormi ad un continuo allenamento, senza mollare un colpo. Sempre più veloce, sempre più concreto e sempre diverso per poi tornare indietro, dove conosci le regole a memoria e scopri di poter dare molto di più di prima.
Trovare nuovi punti di vista da cui imparare molto su ciò che pensavo di “sapere”. In altre parole, il vantaggio è imparare modi alternativi di mettere in pratica la stessa skill.

La strategia è semplice:
Come farei questo? Cosa funzionerebbe meglio?
Voglio dover rispondere a queste domande evitando tutto ciò che farei in modo automatico, senza dover elaborare.
La cosa che ho studiato con più passione durante il corso di Zbrush è stata l’anatomia. Però, dopo pochi mesi ho smesso di modellare soggetti umani e a lungo ho pensato di star dimenticando. Il tempo però mi ha dimostrato che imparare cosa sia il processo coracoideo della scapola è diverso da metabolizzare quelle forme e quel particolare modo di costruire i volumi. Ad oggi, non c’è progetto in cui non rifletta su quelle informazioni, perché si tratta di armonia, si tratta di capire cosa rende quelle forme naturali e organiche rispetto ad altre.
La magia avviene quando trovo il punto di contatto tra due o più argomenti che vedevo lontani e separati. Quasi mai però questo processo avviene consciamente, è davvero raro.
Molto più spesso la lampadina si accende per un avvenimento accidentale. Uscire dalla comfort zone significa ricercare attivamente questi momenti affrontando sfide sempre diverse.
Per questo motivo sto insistendo con le maschere. Per questo motivo ognuna proviene da contesti molto diversi e sono sicuro che tutto ciò un giorno lo riscoprirò sotto un’altra forma. Credo di star migliorando le capacità di sculpting hard surface, ad esempio.
Uscire dalla comfort zone per avere una storia da raccontare
Il mio lavoro assume più valore quanto più la sua storia è fatta di ostacoli e soluzioni. E sono certo che un occhio attento possa percepire la storia di un’opera, il sudore che c’è dietro.
Se dovessi pensare ai miei lavori come i “compiti a casa” mi sentirei un impostore. Solo avendo paura di non potercela fare può scattare quella scintilla.
Non si tratta semplicemente di pensare “posso farcela”, ma di scoprire quali mete inaspettate si trovano dietro l’invalicabile muro della zona sicura.
Frank